Abitate già nella
preistoria da esigui gruppi nomadi di cui si conserva
testimonianza grazie al ritrovamento di alcuni oggetti
in pietra, la presenza umana sulle Apuane divenne
significativa a partire dall’Età del ferro quando
sopraggiunsero le prime tribù che si insediarono
stabilmente sul territorio. Si trattava di individui
appartenenti ad una popolazione dal temperamento tenace
che proveniva da occidente e che si insediò in posizione
strategica in più zone delle montagne.
I mestieri
Su queste montagne, da
sempre abitate dall’uomo, è possibile trovare ancora
luoghi dove le attività tradizionali, gli antichi
mestieri di un tempo, hanno resistito all’incalzare
della tecnologia, non si tratta di musei o di
rievocazioni storiche ma di persone che ancora vivono
della loro attività, tramandata da generazioni e fatta
con la stessa passione e competenza dei loro
predecessori. Per questo motivo una visita deve essere
sempre concordata in precedenza in base all’effettiva
disponibilità dell’artigiano e non si devono dimenticare
mai tutte le misure di sicurezza da adottare sui luoghi
di lavoro.
Il Mulino di Fabbriche
di Vallico
Appena fuori dal paese di Fabbriche, in direzione di
Gragliana, si trova un mulino ad acqua risalente al 1700
che recentemente è stato ristrutturato conservandone le
caratteristiche strutturali e i macchinari. La presenza
di ben 4 macine, testimonia l’importanza che questa
struttura doveva avere nelle epoche passate e anche la
grande quantità di prodotto, in modo particolare
castagne, che qui venivano lavorate. Oggi il mulino di
Fabbriche, certificato biologico, garantisce la filiera
di produzione della "farina di neccio" D.O.P per cui è
operativo solo nei mesi invernali, le visite sono
possibili comunque in ogni periodo su prenotazione
telefonando a Loris Calissi cell. 328 2111105
Ferriera Graziani
Fabbriche di Vallico.
A pochi chilometri dall'abitato di Gragliana,
piccola frazione del comune di Fabbriche di Valico,
lungo la sponda destra del torrente Turrite Cava,
immerso nel verde dei boschi, si trova un antico "Distendino",
caratteristico laboratorio artigianale per la produzione
di utensili in ferro. La particolare caratteristica
dell'attività è dovuta al fatto che il ferro grezzo
viene trasformato nelle forme richieste, esclusivamente
impiegando l'energia prodotta dall'acqua raccolta in un
invaso ubicato a monte dell'edificio la quale muove una
pala che aziona un pesante maglio e il mantice che
fornisce ossigeno alla forgia. I F.lli Graziani
esercitano ancora oggi l'attività con gli stessi gesti
tramandati nel tempo per produrre zappe, vanghe, falci,
ricercatissime per la loro resistenza, dagli agricoltori
e i tradizionali "i testi", attrezzi irrinunciabili per
chi voglia cucinare necci, focacce leve e crisciolette.
Tel. 0583 761812 (abitazione)
Ferriera Galgani a
Piegaio di Pescaglia.
Carlo Galgani, ogni giorno, da quando era ragazzino,
si reca alla ferriera e esegue attento il suo lavoro.
Nessuna distrazione è permessa in questo ambiente dove
tutto è nerofumo e il tonfo del maglio, azionato
dall’acqua, risuona ritmico nei verdi prati intorno.
Tel. 0583 359293
Ferriera dei Milani a
Pomezzana ( Stazzema).
Realizza, oggi come un tempo, i ferri del mestiere
per gli scultori del marmo: scalpelli, subbie, mazzuoli
e tutti gli utensili che necessitano ai marmisti dalla
cava al laboratorio. Ma tra gli oggetti prodotti si
trovano anche bisturi da chirurgo.
Il cavatore
In Apuane non si può non parlare di questo mestiere
che oggi, fortunatamente, non viene più svolto con i
metodi di una volta, ma avvalendosi ampiamente della
tecnologia che ha permesso di ridurre la fatica e
soprattutto il pericolo che questi uomini devono
affrontare per estrarre i blocchi di marmo dalla
montagna. I Tecchiaioli, i lizzatori, i riquadratori,
sono figure del passato, ma cave e cavatori sono ancora
oggi la prima voce dell’economia apuana. Le visite alle
cave attive devono essere autorizzate. Un suggerimento
per approfondire la conoscenza di questa attività:
Visita alla Cava attiva di Bora Larga sul Monte Corchia
( informazioni e prenotazioni Foresteria di Levigliani
0584 778405- Visita alla cava Museo dei Fantiscritti
(Carrara) Sig. Walter Danesi tel. 0585 70981 0585 779294
Agricoltura e Pastorizia
Per molto tempo le genti
apuane sono sopravvissute grazie ad una agricoltura di
sussistenza fondata sulla coltivazione di poche specie
alimentari e sull’allevamento di bestiame,
prevalentemente ovino e caprino, secondo il tradizionale
metodo della transumanza. In questo contesto, la
coltivazione del castagno, il taglio del bosco e
successivamente la produzione del carbone vegetale,
hanno a lungo rappresentato una significativa
integrazione del reddito di non poche famiglie
Fino a qualche decina di
anni fa, l’agricoltura apuana si caratterizzava ancora
per lo sfruttamento di aree poste sopra il limite delle
abitazioni permanenti e caratterizzate dalla presenza di
insediamenti più o meno sparsi, abitati solo nella
stagionalmente, circondati da praterie ad uso pascoli e
superfici coltivate e terrazzate a ciglioni erbosi.
Esistevano due modelli principali di alpeggi, quello più
semplice, aveva edifici ad un solo piano, bassi e murati
a secco, che erano spesso detti "capanne" ( Capanne di
Giovo, Capannelli del Sagro….) e servivano
prevalentemente, nel periodo estivo, al pastore
seminomade che passava gli inverni nelle pianure
lucchesi, pisane e anche nella più lontana Maremma. La
seconda tipologia di alpeggio prevedeva invece la
presenza di abitazioni a due piani, in muratura e
talvolta articolate in più vani, dette "caselli",
"casette" o "case dell’alpe". Si svolgeva qui un insieme
complesso ed integrato di attività agro-silvo-pastorali
che, al "governamento delle bestie minute e grosse"
alternava coltivazioni a grano, granturco, segale e
patate, oltre al taglio della legna e del fieno. Siamo,
dunque, in presenza di un agricoltore-allevatore, quasi
stanziale che limitava i suoi spostamenti tra i due
villaggi, l’uno permanente-accentrato, posto a quota più
bassa, l’altro temporaneo-sparso posto più in alto.
Sentieri e mulattiere collegavano agli alpeggi, quelle
stesse che oggi costituiscono il fulcro del sistema
escursionistico del Parco. Di particolare interesse,
diventa, allora, gli itinerari che conducono alla
riscoperta degli alpeggi apuani, alcuni ormai
completamenti abbandonati e in rovina, altri ancora
percorsi da una linfa vitale , legata proprio al
permanere della presenza umana e delle sue attività
economiche in situazioni tuttora molto isolate.
Capanne di Giovo è
un insediamento di piccoli edifici pastorali posto sul
versante sud del Pizzo d’Uccello a circa 1250 m.slm, si
distinguono ancora i ruderi di 20 costruzioni in pietra
adagiate dove il terreno è meno acclive su un area ampia
oltre 8 ettari tanto da risultare un insediamento assai
disperso. Le capanne si trovano a circa 1.30 di cammino
dal paese di Vinca ( segnavia CAI 175) sul percorso che
collega il paese di Vinca a Foce a Giovo alla Val
Serenaia.
Campocatino è un
insediamento di un centinaio di caselli alle pendici del
monte Roccandagia, concentrati su un area di circa 8
ettari ad una quota intorno ai 1000 metri. Il
considerevole numero di edifici presenti e le serrate
relazioni fisiche e formali tra loro sviluppatesi, fanno
di questo agglomerato quello con le maggiori
caratteristiche di urbanità nel panorama degli
insediamenti pastorali delle Alpi Apuane. A sancire il
passaggio di queste valli da un economia
agricola-pastorale ad una prevalentemente legata
all’escavazione del marmo, resta San Viano, mite eremita
che abitava questi luoghi e a cui tutta la comunità di
Vagli è ancora oggi molto devota, prima protettore dei
pastori, ora di tutti coloro che lavorano alle cave.
Campocatino si raggiunge in auto grazie alla rotabile
che congiunge i paesi di Vagli e Gorfigliano, ed è
sicuramente uno dei luoghi più conosciuti e frequentati
dell’intera catena, ma merita ripercorrere, una volta
ancora, la vecchia mulattiera che da Vagli di Sopra,
dapprima ripidamente, poi con più ampi tornanti conduce
direttamente alla verde conca prativa in poco più di
mezz’ora di cammino( segnavia CAI 177).
Puntato è un
insediamento di piccole case alle pendici del Monte
Corchia, situato dove il versante è meno acclive, a 1000
metri sul livello del mare. Gi edifici, circa una
cinquantina, sono distribuiti su una vasta area di circa
100 ettari, dando luogo ad un insediamento molto
rarefatto; d’altro canto lo sviluppassi di una
residenzialità prolungata, ha determinato la nascita di
edifici specialistici quali la chiesa e molte maestà
poste sulle mulattiere di collegamento. Le case, tutte
costituite da diversi vani, si sviluppano su due
livelli, con spazi specializzati sia all’interno che
all’esterno , pensiamo ad esempio al forno o al metato,
che fanno di queste case un vero e proprio microcosmo
rurale pronto a vivere in piena autonomia e
autosufficienza. Ed è proprio qui al Puntato che
l’attività agricola tradizionale diventa il modo per
imparare a vivere in sintonia con la natura e in armonia
con se stessi, finché questo luogo, non raggiunto da
strade, continuerà ad essere amato, curato e rispettato
come lo è adesso.
Diverse sono le possibilità per raggiungere il Puntato,
qui segnaliamo la via più frequentata che parte dalla
località Tre Fiumi, sulla strada provinciale di Arni, e
per segnavia CAI 128 giunge all’alpeggio in circa 1.30
di cammino.